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Autore Vicky Cristina Barcelona
Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 05-11-2008 22:58  
Non è una spirale, solo uno stato di indefinibilità, di non categorie. Il termine è solo un atto di collocazione, non di definizione, semplice e comodo.
Se vuoi lo definiamo merdera, giusto per andare controcorrente...
Ma il discorso, quello utile, naviga dentro l'etimo e non su quello. Se poi ci si vuol fermare ad un'etichetta si è pigri di testa.

Ho detto. E Lyotard prima di me.


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TheSpirit

Reg.: 21 Set 2008
Messaggi: 3605
Da: Napoli (NA)
Inviato: 05-11-2008 23:02  
Ahah, no, figurati, non intendevo nulla di male. E' soltanto una cosa che non mi interessa più, ma non ne do un giudizio negativo, anzi è sempre una lettura interessante della contemporaneità.

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Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 05-11-2008 23:08  
Mi ricordi quei nerd sfigatissimi che si bullano di aver finito quel videogame non ancora uscito in commercio...
_________________
Inland Empire non l'ho visto e non mi piace

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TheSpirit

Reg.: 21 Set 2008
Messaggi: 3605
Da: Napoli (NA)
Inviato: 05-11-2008 23:10  
quote:
In data 2008-11-05 23:08, Marienbad scrive:
Mi ricordi quei nerd sfigatissimi che si bullano di aver finito quel videogame non ancora uscito in commercio...



Ma figurati... Lyotard sta sottoterra da parecchio e spero ci rimanga.

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 05-11-2008 23:11  
quote:
In data 2008-11-05 20:03, flamestar scrive:
quote:
In data 2008-11-04 23:04, AlZayd scrive:
Il che... che?






Non capivo a chi o cosa ti riferivi quando hai scritto cinemacientico..



Avevo scritto cinemacinetico... un semplice, banale, rafforzativo, o gioco di parole... Intendevo dire che nel fim non c'è "storia" e non c'è cinema (energia dell'immagine che si muove).
_________________
"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 05-11-2008 23:15  
quote:
In data 2008-11-05 23:10, TheSpirit scrive:
quote:
In data 2008-11-05 23:08, Marienbad scrive:
Mi ricordi quei nerd sfigatissimi che si bullano di aver finito quel videogame non ancora uscito in commercio...



Ma figurati... Lyotard sta sottoterra da parecchio e spero ci rimanga.



Mi riferivo al cinema, non alla filosofia.
_________________
Inland Empire non l'ho visto e non mi piace

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 05-11-2008 23:20  
quote:
In data 2008-11-05 22:58, Marienbad scrive:
Non è una spirale, solo uno stato di indefinibilità, di non categorie. Il termine è solo un atto di collocazione, non di definizione, semplice e comodo.
Se vuoi lo definiamo merdera, giusto per andare controcorrente...
Ma il discorso, quello utile, naviga dentro l'etimo e non su quello. Se poi ci si vuol fermare ad un'etichetta si è pigri di testa.

Ho detto. E Lyotard prima di me.





E se provvassi a calare tale filosofia nello specifico della realtà filmica, del linguaggio, o non linguaggio... o stato di indefinibilità, di questo film, in modo che l'etichetta non resti una categoria... ?
_________________
"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 06-11-2008 14:06  
Che Vicky Cristina Barcelona sia un film particolare rispetto alla filmografia di Woody Allen (diversamente da Matchpoint, che sorprese tutti solo per l’almeno apparente cambio di genere) lo si capisce dall’inizio, sin dalle primissime immagini. Una voce narrante particolarmente ingombrante, che ricorda un certo film francese di cui parlerò poi, e che non si “vedeva” in un film di Allen da un bel po’, e forse mai utilizzata così a ridosso della diegesi (di solito nel cinema di Allen si trattava di una voce di stampo documentaristico, a partire da Prendi i soldi e scappa e ovviamente Zelig, fino a Radio days e Accordi e disaccordi), uno split screen, e delle inquadrature dall’interno dell’automobile in modo simili – per citare solo i primi titoli che mi vengono in mente – a quelle che aprono Ossessione e Duel, e a quelle presenti in Fino all’ultimo respiro o in Elizabethtown, ma simili a nessuna che io ricordi nei circa quaranta film diretti da Allen. Sembra insomma che Allen sia consapevole di stare realizzando uno dei suoi film più atipici, quasi come se guardando indietro e tirando le somme non si sia sentito soddisfatto dalla tril(ler)ogia britannica, non sentisse appagata la sua voglia di risarcire il debito culturale nei confronti dell’Europa, e volesse segnalare a tutti l’importanza di questa sua pluriennale trasferta con un film sensibilmente “diverso” dal solito.
Allen comincia dunque il suo film con un segnale di pericolo, ma una volta destata l’attenzione può piazzare (a sottolineare l’identificazione fondamentale tra lui e le protagoniste, newyorchèsi in vacanza in Europa, come già la stessa Johansson in Scoop) il “cessato pericolo” (è pur sempre un mio film che state vedendo) affidandosi a un segno che più identificativo non si può, la conversazione a tavola bevendo vino, che almeno da Manhattan a Melinda scandisce abbastanza puntualmente il ritmo della sua filmografia.
La scena successiva ha una duplice funzione: ci consegna il personaggio centrale della vicenda (o, è quanto mai il caso di usare questo termine, dell’intreccio), e fa direttamente i conti con la trilogia londinese. L’ingresso in scena di Juan Antonio (sarà un caso che il personaggio interpretato da Bardem abbia il nome del padre dell’attore, maestro del neorealismo spagnolo?) è articolato con strumenti abbastanza convenzionali di gestione della tensione: Vicky e soprattutto Cristina cominciano a parlare di lui con Judy e Mark, e Juan Antonio è tenuto nel fuori campo per tutta la loro conversazione, per essere mostrato il più tardi possibile. Un trucchetto piuttosto banale, a chiarire che contrariamente ai film londinesi non è sulla suspense che si costruirà il film. Di più, Mark e Judy parlano di un tentato omicidio collegato alla separazione tra “il pittore del divorzio incasinato” e la sua ex moglie; il crimine dunque c’è già stato, non è più il nodo del racconto ma è precedente alle vicende e non ha praticamente alcuna rilevanza ai fini di queste (e ricorda tralaltro la storia di Ike Davis che aveva tentato di investire la donna per la quale era stato lasciato dalla sua seconda moglie, in Manhattan).
Il tiro qui si sposta dal delitto perfetto all’amore perfetto (dalla Morte all’Amore, per stare nell’ambito di uno dei primi titoli dell’autore), e la dimostrazione del teorema sulla casualità dell’oggetto in questione («l’amore è così aleatorio!», lo dice Juan Antonio già nel primo contatto con le due protagoniste titolari; si pensi per esempio anche solo a quello che comporta nella storia il piedino sotto al tavolo che il pittore crede di fare a Cristina e invece fa a Vicky) si basa non più sulla tensione ma sugli equilibri.
I primi minuti di Vicky Cristina Barcelona dunque, ancora più che introdurre i personaggi, mettono in campo una dichiarazione d’intenti e una strategia di poetica chiara e importante.
Per cercare di focalizzare il senso delle riflessioni che Allen porta avanti in questa pellicola, si può procedere isolando tre affermazioni che Juan Antonio pronuncia separatamente, in momenti diversi del film e in diversi contesti, ma che messe assieme compongono un discorso compatto che chiarisce esaurientemente il senso del film, una sorta di sillogismo in cui la terza asserzione relaziona le altre due tra loro e risponde alle esigenze di interpretazione del film. La prima l’ho appena citata: «L’amore è così aleatorio!», la seconda sembrerebbe una sua negazione: «L’amore richiede un equilibrio talmente perfetto.», e la terza infatti fa: «È una contraddizione, per capire ci vuole un poeta». Un ragionamento lineare che abbraccia al suo interno tutti i temi toccati nel film, la poesia che per estensione intende l’arte (che sia anche pittura, cinema, fotografia, architettura, urbanistica, musica,…) ma sempre per estensione sta anche per il linguaggio (il padre di Juan Antonio che si rifiuta di condividere la sua poesia, Maria Elèna continuamente ammonita dal pittore a non parlare in spagnolo in presenza di Cristina,…), l’amore ovviamente, il caso, l’equilibrio inteso sia come preesistente (il bello) sia come da raggiungere (la soddisfazione).
E il numero tre. Tre affermazioni. Tre soggetti nel titolo, tre nomi e basta senza orpelli, punteggiatura o congiunzioni, tre città, Barcelona, New York e Oviedo (si cita Siviglia ma non è mostrata), e naturalmente le relazioni a tre che in continuazione si formano, sformano e deformano, Vicky e Cristina con Juan Antonio, poi Vicky con Juan Antonio e con Daun, Juan Antonio e suo padre con Maria Elèna, Judy e il suo amante con Mark, ma anche Judy e il suo amante con Vicky, e quindi simmetricamente Vicky e Juan Antonio con Judy, i tre e così via, relazioni dunque non solo sentimentali o sessuali ma anche di affetto, di complicità, di rivalità (le tre donne per Juan Antonio, ma anche i tre uomini per Vicky). L’unica che funziona, quella centrale tra Cristina, Juan Antonio e Maria Elèna, funziona e alla grande perché sorretta da un equilibrio (creato dal caso) in cui ognuno dei tre trova il modo giusto per esprimersi, per comunicare, con gli altri due e forse prima ancora con sé stessi. Tutte le altre triadi si basano sul segreto, sul non detto per volontà o per mancanza di capacità o coraggio.
Ancora una volta dunque, seppure in vesti diverse, è l’incomunicabilità a determinare l’insoddisfazione che scolpisce tutti gli eroi e i personaggi di Allen, e quelli di Vicky Cristina Barcelona in particolare.
Il connubio tra i tre si concretizza e viene sancito nel momento in cui Cristina, incoraggiata dagli altri due, trova nella fotografia la forma poetica che le permetta di comunicare al meglio con loro e tra loro. Il primo bacio tra Cristina e Maria Elèna avviene non a caso nella camera oscura, il luogo in cui si concretizza il linguaggio – quello fotografico – che ha aperto la strada al loro legame. Ma l’equilibrio è aleatorio, e può rompersi in un attimo così come si è creato: nel momento in cui uno dei tre si allontana, tra gli altri due non può che non funzionare, anche se sono innamorati l’uno dell’altra.
Un’unione a tre perfettamente equilibrata e fondata sulla comunicatività e la condivisione fra i tre, che ricorda ben più che vagamente quella di Jules e Jim (il film francese a cui accennavo all’inizio a proposito della voce narrante), e quando Cristina si isolerà a riflettere sul da farsi passeggiando sulla scogliera, viene il timore che le stia venendo voglia di chiuderla con un tuffo in macchina insieme a Juan Antonio.
Il film non finisce con la morte fisica come quello di Truffaut, ma a cosa vanno davvero incontro Vicky e Cristina, tornando a New York (e rompendo dunque l’equilibrio del titolo)? Sono destinate ad essere insoddisfatte? Chi può dirlo, sarà il caso a decidere i loro prossimi equilibri. Loro potranno solo trovare il linguaggio giusto per capire e comunicare, comunicare per rendere perfetto ogni singolo momento possibile.
Pare che il prossimo film Allen lo girerà a Parigi, e che abbia intenzione di fare successivamente tappa anche in Italia. Che ancora non si senta sdebitato? Eccolo allora il vero insoddisfatto.


http://www.positifcinema.com/positif/vicky_cristina_barcelona.html
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 06-11-2008 16:00  
quote:
In data 2008-11-06 14:06, sandrix81 scrive:


E il numero tre. Tre affermazioni. Tre soggetti nel titolo... tre città, Barcelona, New York e Oviedo (si cita Siviglia ma non è mostrata

Tutte le altre triadi si basano sul segreto, sul non detto per volontà o per mancanza di capacità o coraggio.

Un’unione a tre perfettamente equilibrata e fondata sulla comunicatività e la condivisione fra i tre, che ricorda ben più che vagamente quella di Jules e Jim

Il film non finisce con la morte fisica come quello di Truffaut, ma a cosa vanno davvero incontro Vicky e Cristina, tornando a New York (e rompendo dunque l’equilibrio del titolo)? Sono destinate ad essere insoddisfatte? Chi può dirlo, sarà il caso a decidere i loro prossimi equilibri.


Pare che il prossimo film Allen lo girerà a Parigi, e che abbia intenzione di fare successivamente tappa anche in Italia. Che ancora non si senta sdebitato?




Battute a parte che seguiranno, ottima recensione, ben scritta (anche se dai più significato alle simbologie testuali che a come tutto questo viene realizzato con il linguaggio cinematografico), su cui concordo per alcune cose, per altre meno, non sul tuo modo di "guardare" il film, aldilà delle analisi puntuali dal tuo legittimo e ragionato punto di vista.

Questo discorso del triangolo a me sembra una cosa vecchia.., scontato, abusato nella misura in cui diventa in questo film caricaturale, rappresentazione didascalica e prototipica esplicitata e banalizza, dove non si rintracciano quegli elementi di ambiguità sottotestuali, di non detto, di appena suggerito, che generalmente si accompagnano alle forme di rapporti/relazioni "trasgressivi", dove le complicanze, sul piano delle psicologie, dei caratteri e della psiche, diventano innocui, oloegrafici, superficiali siparietti malati di naturalismo. Non c'è la metifica di Truffaut, di J. e J. Neanche un po'.

Meno male che non abbia mostrato Siviglia - quantunque non abbia mostrato (il "palpito", nemmeno in cartolina) di Barcellona e Oviedo - perchè al solo pensiero di vedere oltraggiata una città così segreta, sensuale e magica, sensibile.., mi sarei messo di punta con un randello in attesa della prossima confernza stampa...


Per quanto riguarda il finale, vale quanto detto per le simbologie o metafore ternarie, trinagolari, ternarie... (o all'occorrenza più semplicemente triviali), nessuna "sospensione" onirico/metafica.., si avverte solo l'ansia di dover lasciare il solito bucazzo aperto dal quale far riemergere il sequel, vale a dire lo stesso film, stessa pietanza in scatola con l'aggiunta di qualche diverso addensante, colorante, conservante...

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